La nascita della Sardegna

Ascoltate come i sardi narrano la nascita della loro isola.


Quando il signore si accinse a modellare la Sardegna, l’ultima terra che doveva uscire dalle sue mani alacri, s’accorse che nella foga della creazione aveva consumato quasi tutta la materia necessaria alla sua impresa. Gli era avanzato soltanto, nella grande sporta d’aria che si traeva appresso durante il suo lavoro, un ruvido cumulo di granito e di sassi.

Il divino artefice ebbe un attimo di perplessità : “Che fare di quel mucchio senza anima che non avrebbe saputo generare un filo d’erba e neppure un alito di brezza? ”. Ma fu un attimo solo. La fronte dove si specchiano le costellazioni si spianò e ritornò a splendere tersa. Come un cauto seminatore, Iddio sparse sul mare queste ultime pietre; poi, calcandolo col suo piede fasciato d’un sandalo di fiamma, vi lasciò in eterno la sua impronta. Così nell’acqua solitaria nacque la prima forma di Icnusa. Anzi soltanto il suo scheletro. Perché il Signore non si fermò qui. Non permise che questa sua creatura estrema affiorasse dalle onde come uno scoglio inerte. E perciò dagli altri continenti e dai paesi che aveva già foggiato, cominciò a togliere leggermente, con le sue mani armoniose, quel che mancava all’isola di pietra: foreste di roveri e d’elci, placidi fiumi e torrenti rissosi, pianure dolci di viti e di spighe, pascoli folti e propizi alle mandrie, dune bionde orlate di stagni pescosi, insenature popolate di tamerici e di palme, baie raccolte e ospitali per i naviganti.

Il Divin Fabbro toglieva a quei paesi e riversava distribuendolo sapientemente sulla trama sassosa di Icnusa. E dispose tutto con la grazia di chi narra una favola soave. Solo che quella sua fiaba non era intessuta di parole, ma di alberi, d’erbe, d’acqua, di profili di terre e di colline, d’estrose figure di monti.

Quando il Signore ebbe terminato quest’ultima fatica, dopo aver dato col suo pollice divino qualche lieve ritocco, correggendo un declivio, smussando qualche promontorio, mitigando l’alveo di un golfo o l’estuario di un fiume, e dopo aver spruzzato anche un po’ di neve sulla cima più alta di Icnusa, come un buon artista egli si trasse un po’ indietro e contemplò compiaciuto la sua opera. E vide con letizia che l’isola di pietra per questa sua invenzione si era trasformata in una terra così varia e così ricca d’accenti, di colori e di prospettive da rassomigliare quasi a un continente. Ma anche questa dilettosa sosta del Signore durò un attimo solo, perché Dio non può indugiarsi ad amare una sola creatura. S’accomiatò dunque dall’isola, dove viveva la sua orma perenne, e riprese il suo viaggio per scortare ancora, come un pastore vigile, il suo gregge di stelle attraverso i pascoli del cielo.

Brevi cenni sulla Sardegna antica

Le piu' antiche tracce della presenza dell'uomo in Sardegna risalgono al Paleolitico Inferiore (circa 500.000 anni fa): si tratta di strumenti in selce, rinvenuti nei territori di Perfugas e Laerru (SS). Dopo un vuoto apparente di millenni, si giunge sino al Paleolitico Superiore (circa 12.000 a.C.); a questo periodo risalgono i resti di ossa di cervo rinvenuti nella Grotta Corbeddu di Oliena (NU), che presentano tracce indirette (combustione, lavorazione) della contemporanea presenza dell'uomo. Dalla stessa Grotta Corbeddu, da uno strato datato col metodo del Radiocarbonio al 7.444 + 380 a.C., provengono i resti umani piu' antichi trovati nell'isola; se non dovessero riferirsi al Paleolitico Superiore (ed essere in qualche modo finiti nello strato sovrastante), andrebbero attribuiti al Mesolitico (o Epipaleolitico, 10.000-6.000 a.C.) di cui non sono note nell'Isola altre sicure attestazioni.
Con il Neolitico Antico (6.000-4.000 a.C.) si hanno in Sardegna le prime manifestazioni culturali di rilievo; compare la ceramica, talora decorata ad impressione strumentale oppure con l'impiego del bordo del cardium edule ("ceramica cardiale"). Rispetto al Paleolitico, vengono realizzati strumenti litici di minori dimensioni e di lavorazione piu' accurata (punte di freccia, bulini, coltelli etc.). E' di questo periodo la scoperta dell'agricoltura e dell'allevamento, testimoniate dal rinvenimento di pestelli e macinelli in pietra, di semi di cereali e di ossa di animali domestici. E' inoltre attestato lo sfruttamento e il commercio dell'ossidiana del Monte Arci che verra' esportata in Corsica, Toscana, Emilia, Liguria, nella Francia meridionale e, forse, anche nella Catalogna.
Sul finire del Neolitico Antico si colloca una fase di transizione, denominata "di Filiestru", caratterizzata da una quasi totale assenza di decorazione nella ceramica.
Nel Neolitico Medio (circa 4.000 - 3.500 a.C.) si sviluppa la cultura di Bonuighinu (dall'omonima grotta in comune di Mara, SS), in insediamenti in grotta o all'aperto; vengono scavate anche le prime grotticelle artificiali funerarie (Cuccuru Arrius - Cabras). La ceramica e' di fattura accurata e caratterizzata spesso da una raffinata decorazione. Appartengono a questo periodo le statuine di "Dea Madre" rappresentata in forma di donna obesa (idoletti di tipo "volumetrico").
Il Neolitico Recente (circa 3.500 - 2.500 a.C.) e' rappresentato dalla Cultura di Ozieri, diffusa in tutta l'Isola. Gli insediamenti si moltiplicano e gli abitati assumono spesso dimensioni notevoli. E' in questa fase che si sviluppera' l'architettura ipogeica funeraria con migliaia di tombe - le "domus de janas" - nelle quali talora vengono rappresentati i simboli della spiritualita' (protomi taurine, spirali, false porte etc.) o anche gli elementi architettonici delle case dei vivi (pilastri, travi del tetto, sedili, focolari etc.). La ceramica presenta un ricco repertorio di forme vascolari e di motivi decorativi realizzati con tecniche diverse. La "Dea Madre" e' rappresentata in numerose statuine non piu' "volumetriche" ma di tipo geometrico-astratto (idoletti "cicladici").
Sul finire del Neolitico Recente si difonde nell'Isola il fenomeno del megalitismo (dolmen e menhir): sono di questo periodo i circoli tombali della Gallura e le sepolture del complesso funerario di Pranu Mutteddu (Goni (CA)).
Con l'Eta' del Rame (circa 2.500 - 1.800 a.C.) si assiste dapprima al graduale trapasso dalla Cultura di Ozieri a quelle di Filigosa e Abelazu, caratterizzate la prima da vasi a profilo spigoloso e la seconda dai tipici vasi a fiasco. Da un punto di vista culturale si avverte un notevole impoverimento rispetto alla precedente fase di Ozieri: cio' a causa di una progressiva conflittualita' fra le genti che pervade negli stessi tempi tutto il bacino del Mediterraneo.
In questo periodo, si continua a seppellire i defunti nelle domus de janas neolitiche e se ne scavano di nuove; accanto alle tombe dolmeniche fanno la loro comparsa le statue-menhir "armate" del Sarcidano. Nei pressi di Sassari, viene eretto il singolare altare di Monte d'Accoddi, una sorta di ziqqurath assolutamente unica in tutto il bacino del Mediterraneo.
In un secondo momento si sviluppa (pur con diverse facies locali) la Cultura di Monte Claro, caratterizzata da un tipo di ceramica per lo piu' ornata da scanalature. A questa Cultura vengono attribuite alcune muraglie megalitiche (M.Baranta, Olmedo) erette a controllo del territorio, testimonianza del clima di insicurezza, con relativa esigenza di difesa, che caratterizza questa fase della Preistoria.
Fra l'Eta' del Rame e quella del Bronzo si colloca la pesenza, nell'Isola, della cultura del "Vaso Campaniforme": una corrente culturale presente in altre parti d'Europa e che in Sardegna sembra fondersi piu' o meno pacificamente con le popolazioni indigene.
L'Eta' del Bronzo vede, nella sua fase piu' antica (1.800-1.500 a.C.), lo svilupparsi della Cultura di Bonnanaro, caratterizzata da una ceramica per lo piu' inornata e con anse del tutto particolari. In questo periodo le sepolture megalitiche si evolvono verso un tipo di tomba a camera allungata, premessa della tipica sepoltura nuragica: la "tomba di giganti". Proprio alla fase finale della Cultura di Bonnanaro viene fatto risalire l'inizio della Civilta' Nuragica vera e propria, che si sviluppera' ininterrotamente sino al VI secolo a.C., perdurando, in alcune aree, sino alla conquista romana.
Oltre ai nuraghi a "corridoi" (o protonuraghi) e a "tholos" (di tipo semplice o complesso), la civilta' nuragica produsse un notevole sviluppo di manifestazioni architettoniche di tipo civile (villaggi), religioso (pozzi sacri, fonti sacre, tempietti "in antis") e funerario (tombe di giganti).
La ceramica, inizialmente decorata "a pettine", con l'Eta' del ferro si caratterizza per un ornato di tipo geometrico e per un trattamento delle superfici a volte assai curato. Sempre all'Eta' del ferro si data la produzione dei "bronzetti": statuine "ex-voto" raffiguranti personaggi, animali, navicelle ed altri oggetti del vario mondo nuragico. Accanto a queste, e' presente anche la statuaria in pietra di grandi dimensioni.
Lo sfruttamento delle miniere fu certo delle risorse principali di questo periodo:accanto ai bronzi figurati, e' presente una produzione di armi, utensili ed oggetti vari in bronzo che ha pochi eguali nel resto del mediterraneo. Il metallo dell'Isola fu anche la molla che spinse i mercanti cretesi, micenei, ciprioti e, successivamente, fenici a frequentare la Sardegna, stabilendo a volte anche scali dapprima stagionali e poi stabili.
Fu proprio dagli scali commerciali fenici che ebbero origine citta' come Karalis, Tharros, Sulci, Nora e Bithia dalle quali (passate sotto il controllo di Cartagine) prendera' le mosse la conquista punica dell'Isola, nel VI secolo a.C.. Nel 238 a.C., dopo la I guerra punica, la Sardegna passera' sotto il dominio romano, ma la conquista dell'Isola, dopo varie rivolte indigene, potra' dirsi praticamente conclusa solo nel I secolo a.C.: e' di questo periodo la "deduzione" di Turris Libisonis, unica colonia romana in Sardegna.
Nell'Epoca Imperiale la Sardegna, divenuta provincia romana, vide un notevole sviluppo dei centri urbani e del sistema viario: di quest'ultimo sono testimonianza soprattutto il rinvenimento di diversi miliari e i numerosi ponti, di cui quello di Porto Torres e' l'esempio piu' pregevole.